“La giungla delle maschere facciali, tra false certificazioni, incompetenza e complotti“
Intanto non chiamiamole mascherine. Non sminuiamo con un diminutivo la loro dignità e la loro importantissima e – in questo periodo – necessaria funzione.
Senza girarci troppo intorno, si chiamano maschere facciali e servono per proteggerci reciprocamente dal contagio del virus SARS-CoV-2.
Sul tema “maschere” è stata fatta una notevole confusione, un po’ per incompetenza ed ignoranza, un po’ (tanto) per malaffare.
Intanto diamo qualche definizione preliminare (anche se ormai ce le hanno – giustamente – riproposte con continuità).
Essenzialmente le maschere utilizzate per l’emergenza COVID-19 sono di due tipologie: la maschera facciale ad uso medico (la cosiddetta maschera chirurgica) e la (semi) maschera facciale filtrante.
La prima rientra nei dispositivi medici di classe 1 (i cosiddetti dispositivi non invasivi) e non rappresenta assolutamente un dispositivo di protezione individuale, ovvero chi la indossa non si sta proteggendo adeguatamente, ma piuttosto sta proteggendo chi ha intorno a sé, limitando lo spargimento di eventuali patogeni (virus, batteri e altri microbi) attraverso le goccioline di saliva.
La seconda maschera è un vero e proprio dispositivo di protezione individuale (l’abbreviazione è DPI e si pronuncia DI PI I, non DI PI AI!), ovvero nasce per proteggere chi la indossa dagli inquinanti presenti nell’ambiente esterno. Per inquinanti non si intende soltanto i virus e i microbi, ma anche polveri e più in generale il particolato disperso nell’aria (inteso come polveri, nebbie e fumi). Tali DPI per le vie respiratorie (che la normativa definisce come APVR, ovvero Apparati per la Protezione delle Vie Respiratorie) vengono classificati con le sigle FFP1, FFP2, FFP3 a seconda della loro capacità filtrante crescente, dove la sigla FFP sta proprio ad indicare “filtering face piece”, che possiamo tradurre appunto in maschera facciale filtrante.
La caratteristica fondamentale di un facciale filtrante, quindi di un DPI, è proprio quella di isolare perfettamente le vie respiratorie dall’ambiente esterno e far si che l’aria inspirata ed espirata passi obbligatoriamente attraverso la superficie del facciale filtrante (che è composta da più strati di tessuto filtrante). Questo avviene a patto che il facciale filtrante venga indossato correttamente e che aderisca perfettamente con il suo perimetro al volto dell’utilizzatore. Se nelle vie respiratorie entra aria da uno o più punti del facciale filtrante non aderente al volto, vuol dire che da quei punti stanno entrando in maniera diretta anche i potenziali inquinanti (virus, microbi, particolato). Non a caso, nei luoghi di lavoro dove questi dispositivi di protezione individuale sono normativamente classificati come di III° categoria (dispositivi salvavita), è richiesto un addestramento specifico, in modo che i lavoratori sappiano esattamente come indossare il dispositivo e capire se sta funzionando correttamente attraverso prove di aderenza e fit-test.
Smentiamo poi una falsa convinzione di molti cittadini. Quando davanti o lateralmente ad una maschera facciale filtrante si vede montata quella struttura di plastica rigida che molti credono un filtro, in realtà si tratta di una valvola di espulsione della condensa e del calore che si formano all’interno della maschera. Tale valvola non ha nessuna capacità filtrante, anzi esattamente il contrario: chi la indossa è libero di spargere le proprie gocce di saliva potenzialmente infette. In pratica chi indossa il DPI con valvola si protegge, ma non protegge gli altri, qualora fosse infetto.
Detto questo arriviamo al punto. Sia le maschere facciali ad uso medico, che i dispositivi di protezione individuale, devono obbligatoriamente rispondere a normative di settore e ad altre specifiche norme tecniche. Generalmente sia i dispositivi medici che i DPI, devono essere marcati CE e rispondere a precise norme tecniche che impongono in maniera cogente i parametri tecnici che i dispositivi devono rispettare.
Tuttavia in questo periodo di emergenza, lo Stato Italiano, attraverso il Decreto Cura Italia ha permesso la produzione e l’importazione in deroga di tali dispositivi, senza la necessità di marcarli CE in modo da favorire una più rapida distribuzione sul mercato. Naturalmente tali dispositivi possono essere prodotti, importati e distribuiti solo dopo aver ricevuto una apposita autorizzazione dall’Istituto superiore di Sanità (per le maschere facciali ad uso medico) oppure dall’INAIL (per i dispositivi di protezione individuale). Infatti, chi decide di produrre o importare in deroga deve garantire (tramite rapporti di prova ed un controllo qualità stringente), assumendosi integralmente tutte le responsabilità, che i dispositivi siano allineati ai parametri delle norme tecniche vigenti.
Questa particolare condizione di emergenza, di deroghe, di completa confusione (conoscere l’argomento, soprattutto dal punto di vista normativo non è semplice), ha portato alla proliferazione di un commercio parallelo ed incontrollato di dispositivi, che non solo non hanno marcatura CE, non solo non sono mai stati autorizzati dall’ISS o dall’INAIL, ma sono talvolta falsi e ingannatori.
Qui la questione ha una notevole importanza, perché stiamo parlando di dispositivi che hanno lo scopo di proteggere (direttamente o indirettamente) quello che abbiamo di più prezioso: la salute nostra e dell’intera collettività.
Fare un esempio è semplice.
Prendiamo la maschera facciale ad uso medico, la quale risponde alla normativa sui dispositivi medici e che, prima di entrare in commercio, deve essere sottoposta a dei test di laboratorio per verificare la conformità a certi parametri tecnici (ad esempio il grado di traspirabilità, la filtrazione batterica, la sua contaminazione microbica, la sua biocompatibilità). Tali test sono contenuti in due norme tecniche, la UNI EN 14683:2019 e la ISO 10993-1, che rappresentano appunto delle linee guida per il produttore. Se la maschera rientra nei parametri stabiliti dalle norme tecniche puoi (auto)certificare CE il dispositivo medico e registrarlo presso il Ministero della Salute, altrimenti non puoi. Semplice.
Allora immaginiamoci una maschera facciale ad uso medico (per lo meno nell’aspetto), che non è mai stata testata secondo le norme tecniche e che viene messa in vendita con tanto di certificazione CE (falsa). Cosa può accadere all’utilizzatore se la maschera in questione non è biocompatibile, oppure cosa può accedere in una sala operatoria dove un medico che sta operando a cuore aperto, indossa una maschera che non ha una adeguata capacità di filtrazione batterica (e quindi potrebbe infettare il paziente)?
Allora quello che si può e si deve fare, è richiedere la certificazione CE al venditore. Tutto perfetto, fino a quando non prendi in mano la certificazione e vedi che una vera e propria certificazione non lo è, anzi riporta che tale maschera (chirurgica) è classificata come una FFP2 e risponde alla norma tecnica UNI EN 149:2009! Ora, una persona che non è del mestiere si fida e prende per buona la pseudo certificazione, ma chi ha un po’ di conoscenza dell’argomento rizzerà immediatamente le antenne. Perché? Il motivo è che la norma tecnica UNI EN 149 e la dicitura FFP2, con le maschere facciali ad uso medico non c’entrano assolutamente niente. Allora la UNI EN 149:2009 cosa è? Semplice (se lo sai), è la norma tecnica che stabilisce i test, le marcature, i requisiti che devono essere rispettati per i dispositivi di protezione individuali, che abbiamo detto sono tutt’altro rispetto ai dispositivi medici. In pratica con tali “certificati” viene spacciata per DPI una maschera chirurgica, con tutte le possibili conseguenze.
Ma può accadere anche altro. Immaginiamo che la certificazione della maschera facciale ad uso medico, riporti i giusti riferimenti normativi (ovvero la norma tecnica UNI EN 14683). Non fidatevi, fate un ulteriore passo verso la verità e richiedete al venditore il numero univoco di registrazione del dispositivo presso il Ministero della Salute. È un numero che, una volta ottenuto, potete verificare direttamente sul sito del Ministero.
Similari gravi situazioni possono essere ritrovate nel campo dei dispositivi di protezione individuale. In questo caso la situazione è ancora peggiore, in quanto un dispositivo che dovrebbe avere il compito di proteggere una delle azioni vitali come il respiro, potrebbe in realtà non proteggerlo affatto, ed esporre l’utilizzatore a gravissimi rischi per la sua salute (non solo in ambito sanitario ma anche in ambienti lavorativi come ad esempio le falegnamerie, dove le polveri di legno duro sono classificate come cancerogene).
Inoltre, nel caso dei DPI, la certificazione CE non è un’autocertificazione come nel caso delle maschere facciali ad uso medico, ma deve essere rilasciata da un Ente Notificato terzo (ricordiamoci che sono DPI di III° categoria, ovvero salvavita, quindi hanno una certa importanza).
Il procedimento di verifica è sempre lo stesso, richiedere la certificazione CE al venditore, fare le verifiche sui marchi che devono essere obbligatoriamente stampigliati e ben visibili sulla superficie esterna del facciale filtrante. Se vi propongono facciali filtranti senza marchi e vi danno in mano una pseudo certificazione CE, dubitate fortemente. Generalmente la validità delle certificazioni può essere verificata online sul sito dell’Ente notificato. Alcuni DPI, già a vista sono palesemente non conformi (ad esempio non aderiscono al volto, perché mancano del nasello stringinaso!), mentre altri, visivamente sono ben fatti, ma ci si può fidare? No, bisogna verificare. Ne va della salute.
Se vi danno un facciale filtrante con i marchi apparentemente tutti in regola, controllate ulteriormente e verificate il codice a quattro cifre stampato a destra della marcatura CE (è il codice univoco che identifica l’Ente notificato). Capita infatti che molti facciali filtranti, riportino il codice di enti notificati, che però non sono abilitati a fare valutazione sui DPI secondo la norma tecnica EN 149!
Capita anche che tali enti notificati, abbiano fornito una miriade di certificati, che in realtà non sono dei certificati CE, ma “pareri” pre-certificazione e che tali pareri siano stati usati in modo più o meno consapevolmente dai vari venditori, spacciandoli come certificati CE.
Capita anche che tali enti, siano finiti adesso sotto la lente di ingrandimento di diverse Procure italiane e di Organismi di Vigilanza internazionale. Nel frattempo, un numero indefinito di ambigui dispositivi di protezione individuale e di maschere facciali ad uso medico stanno girando in mezza Europa.
Attenzione anche ai cosiddetti dispositivi prodotti o importati in deroga. Questi mancano per loro natura della marcatura CE (come prevede la deroga), ma devono avere obbligatoriamente l’autorizzazione dell’ISS (per le maschere facciali ad uso medico) oppure l’autorizzazione INAIL (per i DPI). Quindi quando si acquista materiale in deroga, chiedete quanta più documentazione possibile e soprattutto la prova scritta che l’ISS o l’INAIL abbiano autorizzato il prodotto. Sui siti dell’ISS e dell’INAIL possono essere fatte le relative verifiche sulle autorizzazioni attualmente concesse.
Quanto detto finora, vale ovviamente per quanto riguarda i contesti lavorativi (sanitari e non) dove devono entrare obbligatoriamente solo maschere CE oppure in deroga.
Per il mercato civile (comune cittadino), la situazione è diversa, in quanto, oltre alle maschere facciali CE (quando si ha la fortuna di trovarle) o in deroga, possono essere vendute e indossate maschere (né DPI né dispositivi medici) per le quali non sono richieste certificazioni o autorizzazioni. C’è solo da sperare che il produttore abbia utilizzato materiali biocompatibili e che il prodotto sia sicuro per l’uomo, come prevede la direttiva di sicurezza generale sui prodotti. Potete provare a richiedere riscontro di ciò, ma arrivare alla risposta potrebbe non essere così facile.
In fondo, ci stiamo pur sempre muovendo in una giungla aggrovigliata.
Ah quasi dimenticavo, pare sia sorto un tale movimento definito “No mask”, secondo il quale l’utilizzo delle maschere facciali potrebbe avere effetti deleteri sulla salute dei poveri cittadini, del tutto ignari del complotto ordito contro di loro dalla lobby delle maschere facciali.
Che le maschere facciali (che siano mediche o dispositivi di protezione individuali) – le quali ricordiamo, sono sottoposte a rigorosissimi test di laboratorio e controllo qualità – progettate, nate ed utilizzate da decenni per proteggere la salute dei lavoratori e dei pazienti, siano dei pericolosi dispositivi in grado di saturare i polmoni di anidride carbonica fino a provocare il cancro, è una affermazione che sinceramente non ci sentiamo di commentare (per dignità scientifica). Ovviamente è una colossale bufala, priva di fondamenti scientifici.
Quando si indossa una maschera dobbiamo però stare attenti ad alcune precauzioni (quelle sì, se non si rispettano possono essere deleterie). Una semplice? Non mettersela sotto al mento oppure come bandana!
Editoriale di Paolo Mugnai – Direttore Responsabile Obiettivo Investigazione
Fonti
Foto maschera facciali filtrante senza valvola https://www.3mitalia.it/3M/it_IT/azienda-it/tutti-prodotti-3m/~/3M-Aura-Disposable-Respirators-9300-Series/?N=5002385+8711017+3291240516&preselect=3293786499&rt=rud
Foto maschera facciale ad uso medico http://professionestampa.it/mascherine-artigianali-no-grazie/
Foto maschera facciali filtrante FFP2 con valvola centrale https://www.3mitalia.it/3M/it_IT/azienda-it/tutti-prodotti-3m/~/Respiratore-antiparticolato-per-uso-sanitario-3M-Aura-FFP2-con-valvola-1872V-/?N=5002385+8711017+3293906293&preselect=3293786499&rt=rud
Foto di attestato senza valore di certificazione https://www.accredia.it/mascherine/
Foto maschera scorretta: https://www.fanpage.it/attualita/bertolaso-non-rispetta-il-periodo-di-quarantena-e-si-mostra-in-pubblico-senza-mascherina/