“Intervista all’ex falsario Marco Cerbella”
Proseguendo la nostra rubrica dedicata al rapporto tra Arte ed Investigazione, abbiamo voluto approfondire la questione dei falsi nel mondo dell’arte, rivolgendoci direttamente a Marco Cerbella, ex falsario, adesso esperto e consulente per assicurazioni e privati, nonché conduttore televisivo di programmi dedicati al settore dell’arte e del collezionismo.
Marco Cerbella, come possiamo definire un falso e, quale è la differenza che intercorre tra un falso ed una copia?
“Dal punto di vista normativo la definizione è semplice. Citando il professore Salvatore Casillo, la falsificazione è l’opera mediante la quale, ad un oggetto, viene conferita un’identità che ad essa non appartiene e che invece è propria di un altro manufatto, con l’intento da parte di chi pone in essere tale azione, di ottenere un beneficio (diretto o indiretto), prevalentemente di tipo economico, a danno di altri soggetti .
Il falso può riferirsi non soltanto ad un manufatto, ma anche a qualcosa di meno tangibile, come ad esempio una firma falsa, che appartiene di fatto ad un deliberato atto intenzionale e doloso, allo scopo di ottenere un beneficio.
La definizione normativa dipende molto anche dalle legislazioni vigenti nei vari Stati Ad esempio in Cina, imitare un dipinto antico senza rivendicarne la paternità, non rappresenta nessun illecito, mentre secondo la nostra visione normativa, questo rappresenta un illecito, in quanto si tratta di una operazione fraudolenta. La creazione di un falso appunto.
Per quanto riguarda la definizione di copia, questa la possiamo definire invece come una imitazione che abbia caratteristiche di conformità rispetto ad un originale, che viene realizzata attenendosi alle normative vigenti per scopi di studio e commerciali”.
Quali sono le tipologie di opere più falsificate?
“Come ho riportato nel mio libro “I Falsi”, la nostra epoca può senz’altro essere definita l’era del falso. Fondamentalmente nel mercato dell’arte (e non soltanto) è stato falsificato di tutto. Logicamente nei vari periodi storici, il “business” dei falsi si è sempre adattato alle tendenze e alle richieste del mercato dell’arte. Se ad esempio nell’ottocento, gli abili falsari toscani – primo su tutti il senese Federigo Joni – dipingevano fondi oro del trecento da rivendere ai turisti che ricercavano le opere gotiche, adesso i falsari si dedicano a quello che più interessa il mercato, ovvero l’arte contemporanea.
Negli anni che invece vanno dai 70 ai 90 del secolo scorso, il mercato richiedeva oggettistica antica come quella etrusco romana, di conseguenza i falsari si organizzarono per riprodurre il più fedelmente possibile calici in bucchero, offerenti in bronzo, balsamari in vetro. Tutto rigorosamente falso!”.
Esistono falsi impossibili da scoprire?
“Generalmente quando si analizza un falso, lo si deve fare da un punto di vista tecnico e da un punto di vista stilistico. Adesso, con i progressi tecnico diagnostici è relativamente facile smascherare un falso. Abbiamo a disposizione microscopi potentissimi che possono essere accoppiati ad analizzatori in grado di dettagliare la composizione molecolare di un’opera, possiamo usufruire di una miriade di tecniche all’avanguardia per smascherare un falso.
La questione può tuttavia diventare più difficile quando il falsario, che ha studiato le tecniche ed i materiali antichi, utilizza nella sua officina del falso, proprio materiali coerenti con l’epoca degli oggetti che intende falsificare. Quindi può essere che per falsificare una moneta antica e rara, il falsario utilizzi dei metalli, recuperandoli direttamente da monete della stessa epoca, che magari non hanno nessun valore dal punto di vista storico ed economico.
Oppure si pensi ad esempio ai falsi mosaici antichi, che vengono tuttora riprodotti in Tunisia. Questi vengono realizzati utilizzando tessere originali di mosaici rinvenuti negli scavi archeologici. Altre volte mosaici antichi esistenti, vengono “alterati” con nuove tessere, magari per abbellire ed impreziosire il mosaico stesso, rendendolo di fatto un falso.
In pratica se tecnicamente il falso è perfetto e le tecniche diagnostiche non vengono in nostro aiuto, c’è solo da sperare una cosa: che il falsario si sia tradito nello stile.
Ad una attenta analisi infatti, l’errore stilistico, seppure minimo, è come se rivelasse la firma del falsario e spesso, anche il periodo storico al quale il falsario stesso è appartenuto e dal quale è rimasto inevitabilmente influenzato. Ad esempio opere rinascimentali realizzate nella metà dell’ottocento, seppure con tecnica magistrale, spesso esprimono in misura più o meno evidente lo stile artistico del periodo storico nel quale sono state realizzate, l’ottocento appunto.
Se poi anche lo stile non dovesse tradire il falsario, potremmo trovarci di fronte ad un falso perfetto, solo che non lo sapremo mai, almeno che il falsario stesso – se ancora vivente – confessi l’inganno (come appunto Federigo Joni ebbe a fare nel suo celebre romanzo “Le memorie di un pittore di quadri antichi”)”.
Come si diventa investigatori del falso?
“Bisogna avere certamente un bagaglio culturale e tecnico esperienziale enorme, nonché una buona capacità intuitiva. Tuttavia credo che adesso la figura più funzionale, piuttosto che quella del singolo investigatore, sia quella di un team multidisciplinare e trasversale composto dall’esperto d’arte, dal restauratore, dal tecnico di laboratorio diagnostico e perché no, da un ex falsario”.
In quali ambiti lavorativi può impiegarsi il team dell’investigatore dei falsi?
“Ci sono vari settori di interesse lavorativo. Quello principale è in campo forense/giudiziario. Ad esempio può accadere che a seguito di un furto, la refurtiva recuperata venga sottoposta ad accertamenti tecnici per valutarne l’originalità. Oppure più semplicemente che un’opera venga venduta per originale ma in realtà sia un falso ingannevole, con tutti i risvolti civili e penali che questa azione può portare.
Un altro ambito dove è richiesto l’intervento del detective dei falsi, è quello delle compagnie assicurative.
Se ad esempio si vuole assicurare un dipinto, l’assicurazione può mandare un proprio esperto di fiducia, per valutare l’opera sia dal punto di vista dell’originalità che da quello economico.
Oppure ci potremmo trovare nel caso in cui l’assicurazione debba risarcire il valore di un’opera d’arte, danneggiata da un incendio, oppure da un allagamento. Siamo sicuri che la cifra richiesta sia allineata al valore dell’oggetto, ma soprattutto siamo sicuri che l’oggetto sia originale?”
La ringraziamo per il suo contributo.
Articolo intervista di Paolo Mugnai
Fonti
Foto Libro “I falsi, come riconoscerli nell’arte e nell’antiquariato” di Marco Cerbella, Bracciali Editore.
