“Quando e come si possono usare?”
Questo è il primo intervento riservato ad una lettura pratica degli articoli del codice di procedura penale dal 391 bis al 391 decies onde chiarire quali siano gli strumenti di indagine difensiva più comunemente utilizzabili dal professionista forense e quando conviene usarli.
I colloqui, le ricezioni di dichiarazioni e l’assunzione di informazioni da parte del difensore di cui agli artt.391 bis e ter c.p.p. sono il primo strumento che il nostro codice offre all’avvocato per esperire il proprio mandato investigativo.
I sopra richiamati articoli consentono al difensore, ai suoi sostituti, all’investigatore privato ed ai consulenti tecnici di conferire con le persone in grado di riferire sulle circostanze utili ai fini dell’attività investigativa e di decidere, a seconda delle esigenze delle indagini, di acquisire dette informazioni attraverso un colloquio non documentato o attraverso la redazione di un’apposita dichiarazione scritta o mediante la verbalizzazione ai sensi dell’art.391 ter c.p.p.
È’ forse questa la più importante norma che consente al difensore di svolgere, in proprio o mediante i propri collaboratori, le indagini difensive assumendo informazioni dall’indagato, dagli altri eventuali indagati nello stesso procedimento o in procedimenti connessi e da terzi informati sui fatti.
Le informazioni assunte dal difensore potranno fornire spunti per altri elementi di prova da assumersi nelle successive fasi di indagini difensive.
Una serie di domande necessitano risposte pratiche per il professionista del settore: in che fase del processo si possono svolgere le indagini difensive? Quando si possono utilizzare i risultati delle indagini difensive?
La risposta alla prima domanda è semplice: in qualunque momento, addirittura l’art.391 nonies autorizza il difensore a svolgere indagini difensive anche prima che si sia instaurato un procedimento penale ed anche soltanto nell’eventualità che questo si instauri, configurandosi, a parer di chi scrive, “nell’indagine preventiva” un potere di investigazione del difensore addirittura temporalmente antecedente a quello che possono esercitare il Pubblico Ministero e la Polizia Giudiziaria quando la notitia criminis verrà iscritta nel registro delle notizie di reato.
In questa particolare ipotesi il mandato deve risultare da atto scritto con esplicita indicazione dei fatti ai quali si riferisce.
In relazione alla seconda domanda sul quando si possono utilizzare gli atti di indagine difensiva la risposta è più articolata in quanto essa comporta in parte un rinvio alle norme del codice di procedura penale ed in parte una valutazione di opportunità da parte del difensore sulla convenienza di effettuare la discovery delle risultanze probatorie assunte in fasi in cui, potenzialmente, il Pubblico Ministero si trova ancora in fase di indagine.
In linea generale la risposta più corretta è, ai sensi dell’art.391 octies, che le risultanze delle investigazioni difensive devono confluire nel fascicolo del difensore che viene depositato durante le indagini preliminari al GIP o prima dell’udienza preliminare al GUP ed è successivamente destinato a far parte integrante del fascicolo del Pubblico Ministero nel caso in cui si vada a giudizio ordinario mentre viene messo a disposizione del Giudice nel caso di giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta.
Lo stesso art.391 octies consente al difensore di depositare al Giudice gli elementi in favore del proprio assistito quindi sarà il difensore a scegliere se depositare tutto il fascicolo del difensore o solo una parte di esso e quindi, tutti o parte degli elementi di prova in favore del proprio assistito senza bisogno di effettuare una discovery piena di tutte le risultanze delle investigazioni difensive.
Il Pubblico Ministero, dal proprio lato, ha diritto di prendere visione del fascicolo depositato dal difensore al Giudice.
Il decidere quanto e quando scoprire le carte è rimesso alla scelta di strategia processuale del difensore.
Vi è di più, nessuna norma vieta che le investigazioni difensive siano compiute anche dopo la conclusione delle indagini preliminari, anche dopo il rinvio a giudizio, e che le risultanze delle medesime siano utilizzate ai fini della introduzione al dibattimento di elementi di prova in favore dell’imputato.
Nella realtà dei fatti molto spesso le investigazioni difensive vengono svolte dal difensore proprio a seguito della notifica dell’avviso ex art.415 bis c.p.p. perché l’indagato non era nemmeno al corrente che venissero svolte indagini a proprio carico e, quindi, il primo momento utile in cui il difensore può intervenire investigando ed apportando gli elementi in favore del proprio assistito è quello in cui vengono pubblicati gli atti relativi alle indagini preliminari.
Ed ancora, spesso le investigazioni difensive vengono svolte dal nuovo difensore che subentra nella fase d’appello ad altro difensore che non è riuscito a far assolvere il proprio cliente il quale, spesso sfiduciato dal risultato negativo portato dal giudizio di primo grado, si rivolge ad un nuovo difensore che possa portare nuova linfa vitale e nuovo materiale probatorio alla posizione processuale dell’assistito.
Anche in questa fase nessuno vieta che l’avvocato investighi ed assuma nuove fonti di prova che saranno valutate per la prima volta in grado di appello, cercando di fare chiarezza sulla verità processuale che potrà essere maggiormente delineata ed in alcuni, casi sovvertita con l’apporto fornito dal nuovo materiale probatorio raccolto dal difensore-investigatore.
Articolo di Valerio Orlandi
Socio fondatore e Vice presidente dell’Associazione O.I. Obiettivo Investigazione.
Avvocato penalista del foro di Roma, socio dell’agenzia AK Investigazioni.