“Specializzazione del Pubblico Ministero e separazione delle carriere: atto necessario“
Affrontare il tema del ruolo procedimentale del PM è cosa aspra e controcorrente.
Il PM è l’unico soggetto del procedimento che svolge talune attività senza dare conto ad alcun giudice e le svolge in modo del tutto “autoritario”.
Vi sono delle scelte del PM che incidono sulle indagini e, quindi, sul processo che, se anche errate, non sono sindacabili e non sono sanzionate ed hanno delle ripercussioni sulle stesse, spesso irreversibili.
Ritengo che tale ampio potere “fuori controllo” sia del tutto irragionevole ed illogico.
Voglio sgombrare il campo da un “sospetto”: tali riflessioni sono riflessioni di carattere processuale e non di altro genere; in particolare, non hanno valore politico in senso stretto.
Non sono valutazioni di schieramento, ma considerazioni nate sul campo e dalla pratica trentennale di avvocato penalista.
In primo luogo, si deve affrontare il nodo relativo alla conduzione delle indagini ed alla preparazione specifica del PM.
Il tema è molto rilevante perché il codice Pisapia-Vassalli consegna nelle mani del PM la direzione e le scelte investigative del procedimento.
Tale aspetto apre a due, ulteriori considerazioni:
- la prima di politica giudiziaria, ovvero la separazione delle carriere;
- la seconda di capacità/specializzazione non del singolo, ma della categoria nel condurre le indagini.
Sfatiamo un mito (o tabù): i PM non hanno una preparazione specifica a fare indagini, non nasce imparato; non esiste un concorso e/o una valutazione in tal senso.
I PM l’acquisiscono con la pratica (quindi sui casi) e non è detto che l’acquisiscano del tutto, o in modo efficiente ed efficace.
I PM vincono un concorso e poi fanno tirocinio da un PM (“esperto”), ma non fanno un tirocinio tecnico-pratico.
Nel nostro sistema, il reclutamento dei magistrati sia i giudicanti sia i requirenti, deriva dallo stesso concorso: ciò è illogico ed antistorico.
È poi l’indole o la graduatoria che fanno optare per una carriera o per un’altra che sappiamo possono cambiare nel corso degli anni.
Ed è proprio – a mio modo di vedere – questa idea che il Magistrato sia capace a giudicare ed a fare indagini che ritengo sia, profondamente errata ed obsoleta.
Mi si dirà che il PM è coadiuvato dalla Polizia Giudiziaria che ha in sé specializzazioni e questo è un dato reale, ma il codice è chiaro sul punto: la conduzione delle indagini è riservata al PM.
Allora – ritengo – che il PM debba avere una preparazione a svolgere le indagini, una attitudine, una specifica “specializzazione”.
Tutto questo – anche se sarà avversato dai ben pensanti – non lo riscontro.
Tutto questo non c’è nella pratica forense, anzi c’è (spesso) l’esatto contrario.
Il PM che è per certo preparatissimo in diritto, visto che ha superato un concorso, notoriamente complesso, non può vantare una specifica preparazione in tema di conduzione delle indagini.
Questo è un dato oggettivo che è e resta ineliminabile e, per certe situazioni, determina l’implosione delle indagini stesse.
Dire queste cose in un mondo giuridico, nel 2020 ancora permeato sul principio secondo cui il Magistrato conosce tutto e può occuparsi di tutto, può fare apparire chi scrive un eretico, ma ritengo che una riflessione, su questo argomento centrale del procedimento penale, vada fatta e vada fatta senza impostazioni dogmatiche.
Vada fatta anche alla luce delle nuove tecnologie investigative e della estrema necessità che il PM svolga anche funzione di novello Sherlock Holmes.
Tale impostazione non cozza, minimamente, con l’impianto codicistico che vuole il PM una parte processuale e, quindi, un soggetto che non forma le prove, ma raccoglie elementi di prova e li conserva.
Quindi, come parte pubblica alla ricerca di quanto accaduto è lecito che sia un “accorto” investigatore.
Temo molto di più quelli che non lo sono di quelli che lo sono.
Fatte queste considerazioni, di carattere organico e generalistiche, nel prossimo numero di Obiettivo Investigazione, scenderemo più nel dettaglio, negli atti che il PM compie in totale autonomia, senza che nessuno possa sindacarne l’operato.
Articolo di Massimo Rossi
Massimo Rossi è avvocato penalista del foro di Siena.