La Tunnel Vision, la Noble Cause Corruption ed il Processo Mediatico per spiegare la nascita di un errore giudiziario
A monte dei casi di malagiustizia (condanne di innocenti, assoluzioni di colpevoli) non sempre ci sono difficoltà oggettive relative al caso da risolvere. Spesso, purtroppo la natura del problema è radicata altrove. La “Tunnel Vision”, la “Noble Corruption” ed il “Processo Mediatico” sono frequentemente le vere cause dell’errore giudiziario.
L’incompetenza degli organi inquirenti e dell’avvocato difensore, le caratteristiche di personalità di un indagato, la corruzione dei magistrati, le false testimonianze, le false confessioni, il processo mediatico, le consulenze partigiane, i pregiudizi nei confronti delle persone da cui dipende la difesa dell’imputato, sono solo alcuni dei fattori capaci di viziare un caso giudiziario fino a condurre all’errore.
Il problema degli errori giudiziari è trasversale, non dipende dal sistema giuridico del paese in cui vengono commessi ma da un insieme di mancanze che affliggono il magistrato inquirente e che sono: la sua incapacità di processare le risultanze investigative secondo la logica, il fatto che ignori la casistica, la superficialità e i suoi pregiudizi nei confronti di alcune categorie di persone. In una parola sola, ciò che conduce all’errore giudiziario è l’incompetenza del pubblico ministero che però deve essere necessariamente associata alla mancanza di cultura della verità dei consulenti forensi e dei giudici.
Spesso, i consulenti forensi che collaborano con le procure possono divenire partigiani delle stesse; il fatto che assistano gli inquirenti crea, infatti, un rapporto tale da indurli a credere di doverli aiutare e in questo modo le loro consulenze perdono la necessaria obiettività scientifica.
La “Tunnel Vision” è un pregiudizio cognitivo che affligge chi indaga ed è rappresentabile come una visione centrale ristretta. La mancanza di una visione periferica induce a ritenere che i fatti esaminati abbiano un’unica spiegazione e nonostante nulla conforti l’ipotesi di partenza, chi ne è affetto continua ad indagare a senso unico, sottovalutando, disgregando, ignorando o sopprimendo i dati che non sono di supporto alla propria visione dei fatti e sopravvalutando, invece, eventuali informazioni di sostegno alla propria ipotesi, anche se irrilevanti o inaffidabili.
La “Noble Cause Corruption” interessa pubblici ministeri, consulenti forensi, parti civili, giornalisti, testimoni e parenti delle vittime; questi attori di un caso giudiziario, spesso, collaborano ad incastrare un soggetto falsificando e/o dissimulando nel convincimento errato di essere paladini di una nobile causa, un convincimento che gli fa credere che sia moralmente accettabile mentire.
Il “Processo Mediatico” condiziona tutti gli attori di un caso giudiziario: inquirenti, testimoni, difensori, giudici e giuria.
La pressione dell’opinione pubblica su una procura è equiparabile ad una pressione idraulica. Non è però solo la volontà di accontentare l’opinione pubblica che conduce gli inquirenti e i giudici all’imperdonabile errore, ma anche il loro desiderio di apparire paladini della giustizia e quello di venir promossi.
Non solo i pubblici ministeri ed i giudici commettono grossolani errori giudiziari ma, quando se ne accorgono, sono spesso incapaci di riconoscere di essersi sbagliati e lasciano che un innocente e la sua famiglia continuino a soffrire per causa loro. Gli americani chiamano questi magistrati che ostacolano la giustizia “Innocence Deniers” (coloro che negano l’innocenza).
Fortunatamente sono molti i pubblici ministeri, i giudici, gli avvocati ed i consulenti che lavorano con scienza e coscienza per un unico e nobile obiettivo: la ricerca della verità.
La sfortuna è capitare sotto quella percentuale di individui che la verità la calpestano quotidianamente.
Articolo di Ursula Franco
Foto: Scultura “Errore giudiziario” dell’artista Riccardo Ripamonti
Ursula Franco è medico e criminologo, è allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis, si occupa soprattutto di morti accidentali e incidenti scambiati per omicidi e di errori giudiziari. È stata consulente dell’avvocato Giuseppe Marazzita, difensore di Michele Buoninconti; è consulente dell’avvocato Salvatore Verrillo, difensore di Daniel Ciocan; ha fornito una consulenza ai difensori di Stefano Binda dopo la condanna in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Lidia Macchi.