“Le fake news sulla moria delle api”

Quante volte si è sentito dire in interviste e dibattiti televisivi la frase attribuita a Einstein: “se le api sparissero l’umanità avrebbe solo 4 anni di vita”. Si tratta di un’attribuzione grossolanamente falsa di contenuto: falsa, perché Einstein non si mai occupato di api e mai l’ha pronunciata. La frase è stata detta per la prima volta nel 1994 in un’assemblea di apicoltori, cioè 40 anni dopo la morte dello scienziato.

Ma la cosa più paradossale è che solo una piccola parte delle piante ha bisogno delle api per produrre frutti eduli, la maggior parte o viene impollinato da altri insetti o sono impollinate dal vento o autoimpollinate, o si sviluppano senza necessità di fecondazione. Quindi la scomparsa in toto delle api avrebbe un impatto trascurabile sulla produzione mondiale di prodotti vegetali edibili.

Altra gigantesca fake news che circola è il fatto che in Cina per mancanza di api si deve fare l’impollinazione manuale di mele e pere. La realtà invece è che in queste zone, per una questione di incompatibilità pollinica, in mezzo a piante che fungono da femmine si dovrebbero piantare individui che fungono da maschi, solo che occuperebbero troppa superficie e non darebbero frutti commerciabili, ecco che allora si preferisce optare per la fecondazione manuale; visto, tra l’altro, che il costo della manodopera è irrisorio ed il prodotto si vende caro. D’altronde che sia una fake news ce lo dice il fatto citato sopra, cioè che la Cina è il maggior produttore mondiale di miele.  

L’opinione pubblica è ormai convinta che le api stiano sparendo. Essa crede alla propaganda ecologista, ma questa racconta il falso. Nel Mondo (figura 1) a partire dal 1970 le popolazioni di api domestiche sono aumentate di quasi dell’80% (sono dati FAO:  http://www.fao.org/faostat/en/#data/QA/visualize).

Fig. 1 Popolazione di api nel mondo dal 1970

In Europa come continente si è avuta stabilità fino agli anni 90, poi vi è stata una caduta verticale e poi dopo alcuni anni di stabilità un lineare aumento (fig 2) che continua anche negli ultimi anni.

Fig. 2 Popolazione di api in Europa dal 1970

Quindi è vero, c’è stata una notevole caduta del numero delle api in Europa (ma solo in Europa), ma chi è il colpevole? Caduta che peraltro è stata cavalcata dai movimenti ecologisti per puntare il dito contro alcuni insetticidi introdotti i primi anni 90: i neonicotinoidi. Inconfutabile il dato che parallelamente all’introduzione di questi insetticidi si è avuta una forte diminuzione (in Europa) del numero delle api. Ovviamente ci può essere una causalità ma anche una non causalità del fenomeno. Tuttavia, i movimenti ecologisti sono in genere più propensi ad additare i pesticidi come colpevoli che leggere i dati scientifici. In fondo la stessa correlazione ci poteva essere con l’introduzione dei telefonini, dei navigatori satellitari o di mille altre diavolerie tecnologiche. I neonicotinoidi sono insetticidi a largo spettro, efficaci a basse dosi, utilizzati facendoli assorbire alla pianta dalle radici. Questi poi si distribuiscono tramite lo xilema in tutta la pianta. L’insetto quando attacca la pianta ne ingerisce una parte e muore. Questi insetticidi hanno anche la caratteristica di avere scarsa persistenza ambientale e vengono utilizzati dopo la fioritura della pianta. Sicuramente molti di noi li hanno usati senza saperlo, in quanto sono presenti in quelle gocce e in quei collari che utilizziamo come antipulci per cani e gatti. Sono di fatto insetticidi di larghissimo utilizzo per il loro basso costo e per la grande efficacia (avete visto un cane con pulci e zecche dopo aver messo un collare antipulci?).

Da ricordare in questo contesto che l’imidacloprid, un neonicotinoide contenuto appunto in questi collari è l’insetticida più venduto al mondo. Non ci sono ovviamente dati scientifici rilevanti che collegano la moria delle api ai neonicotinoidi, ci sono solamente alcune ipotesi secondo le quali provocherebbero la cosiddetta Colony Collapse Disorder (CCD) ovvero una moria delle colonie delle api con caratteristiche inspiegabili in cui le api operaie sembravano scomparire, lasciando sole la regina e gli individui più giovani a morire dentro all’alveare.

Ad oggi non è stato chiarito a cosa sia dovuta la CCD, ci sono soltanto diverse ipotesi e, tralasciando quella discutibile dei neonicotinoidi, sembra che si possa ragionevolmente attribuire a malattie come la varroa o la acariosi, malattie batteriche e virali. Un recente studio delle Università di Plymouth e Stirling, in Inghilterra e di Poitiers in Francia, rintraccia nella diminuzione del polline una delle concause principali nella moria delle api: con meno nutrimento, viene meno l’apporto proteico delle api e di conseguenza si indebolisce il loro sistema immunitario. Da menzionare comunque in questo contesto che quando si parla di “moria delle api” per CCD, questo è più un fenomeno che riguarda il singolo apicoltore che un fenomeno generalizzato, infatti il numero di api nel tempo è aumentato.

Cosa ha provocato quindi la diminuzione del numero delle api registrato in Europa all’inizio degli anni 90? Chi è l’assassino? Sembrerà strano, ma è stato il muro di Berlino o meglio la sua caduta. Prima che cadesse, l’attività apicola era l’unica attività liberalizzata sotto i regimi sovietici e quindi molti, viste le difficoltà economiche, cercavano qualche guadagno con l’allevamento delle api. Con la fine delle dittature si cercò di sbarcare il lunario in altri modi ed in molti smisero di allevare api.  Altro fattore che ha nettamente influenzato la diminuzione del numero delle api è la riduzione di superfici coltivate a girasole o erba medica, piante che sono note per la loro capacità mellifera. Il picco massimo dell’estensione di queste superfici si è avuto nel 1990 e da li è andato calando. Come spesso succede le associazioni ambientaliste tendono più a trovare il colpevole tra i pesticidi di sintesi che il reale colpevole, quindi hanno subito additato i neonicotinoidi con gli assassini delle api. Questo per il semplice fatto che questi insetticidi sono stati introdotti sul mercato nel 1990. Quindi l’associazione era semplice, introdotti i neonicotinoidi, uccise le api. Eccolo qua il colpevole. Direi piuttosto un “colpevole” assolutamente innocente, in quanto il fatto non sussiste. I colpevoli in questo caso come in molti casi sono le associazioni “ambientalistiche” che speculano sulle paure e sulla disinformazione degli individui, con la complicità di giornali, televisioni e amplificazione dei social media. Vorrei ricordare in questo contesto – ben noto – che è impossibile sfamare quasi 8 miliardi di persone senza utilizzare i pesticidi, in quanto i raccolti si ridurrebbero in media di oltre il 50%. Ricordiamoci infine, dal momento che i pesticidi si utilizzeranno sempre (pure nell’agricoltura bio si usano), che bisogna trovare il migliore pesticida e utilizzarlo al meglio, in modo che sia selettivo e poco tossico per le specie non target.

Articolo di Ranieri Rossi 

Fonti

https://agrariansciences.blogspot.com/2020/06/mortalita-delle-api.html?m=1&fbclid=IwAR1J2wKpQ22u2WWWMqwuSEQgrk_-AecoqXw8V-V8dp57w0iAV9chWVgEnf0

https://en.wikipedia.org/wiki/Colony_collapse_disorder

http://www.federapi.biz/index.php?option=com_content&task=view&id=515&Itemid=1

https://doi.org/10.1371/journal.pone.0079018.g005

www.queryonline.it/2020/08/04/le-api-si-stanno-estinguendo-qualche-chiarimento/?fbclid=IwAR0N_6Soom-EhUIPuZ0hd9R9aau_vZFS3LBIwo_dyKp9Vb9EAJfeqGV8Sk4


Ranieri Rossi, socio fondatore dell’Associazione O.I. Obiettivo Investigazione.
Professore di Farmacologia e Tossicologia presso l’Università degli studi di Siena.