“Quando il male ha il viso d’angelo”
La mattina del 12 febbraio 1993, Jon Venables e Robert Thompson decisero di marinare la scuola, avevano dieci anni e il viso innocente.
Si recarono al centro commerciale New Strand, a Bootle, cittadina vicino Liverpool, dove iniziarono a giocare correndo su e giù per le scale mobili, infastidendo i commercianti e gli avventori che li cacciarono dalle vicinanze. Si diressero allora verso alcuni negozi, dove acquistarono caramelle e rubarono alcuni oggetti tra cui delle batterie elettriche per giocattoli, dei soldatini e un barattolo di vernice blu per modellismo. Passati i primi momenti di euforia, iniziarono presto ad annoiarsi e nella loro testa prese forma l’idea di rapire un bambino e lasciarlo in mezzo alla strada per provocare un incidente.
Ne avvistarono uno poco distante che giocava con la sorellina, ma la madre si accorse che il figlioletto stava parlando con i due bambini estranei e li allontanò. Purtroppo, i due ragazzini non abbandonarono il crudele piano e, appena videro James Bulger – un bambino di appena due anni – in una macelleria con la madre Denise, decisero che il loro “gioco” avrebbe potuto continuare.
Denise stava acquistando della carne, mentre il figlio girava all’interno del negozio, come spesso fanno i bambini piccoli curiosi di ogni novità.
Robert e Jon si avvicinarono al negozio e iniziarono a parlare con James che nel frattempo si era spostato all’ingresso. I due ragazzini riuscirono ad allontanarsi con il piccolo tenendolo per mano. Avevano conquistato la sua fiducia, in fondo erano due innocenti ragazzi con la faccia d’angelo. La madre era entrata nel negozio alle 15.40, le telecamere a circuito chiuso ripresero il momento dell’allontanamento dei tre alle 15.42.
Pochi attimi e si ritrovarono fuori dal centro commerciale decidendo di incamminarsi in direzione di un canale. Senza un vero motivo, ebbe inizio il feroce piano criminale: uno dei due ragazzi prese per i piedi il piccolo James, lo sollevò in aria per poi lasciarlo cadere sulla testa, provocandogli una profonda ferita sulla fronte. James, iniziò a piangere e, mentre le lacrime ed il sangue si mescolavano, i tre ripresero il cammino in direzione del paese. Nel frattempo, Jon aveva fatto indossare il suo giubbotto al piccolo James, calandogli bene sulla testa il cappuccio per nascondere la ferita.
Da quel momento, trentotto persone videro il trio camminare lungo la strada, James piangeva e si rifiutava di camminare, ma nessun passante intervenne in suo aiuto, scambiandolo per il fratello minore dei due ragazzini. Durante il loro cammino mefistofelico, Jon e Robert furono fermati da due donne, che preoccupate chiesero loro cosa stessero facendo e dove stessero andando insieme a quel bambino ferito: i due risposero tranquillamente di aver trovato James che si era perso e che lo stavano conducendo verso la più vicina stazione di polizia. Orrore lucido e spietato. Invece di recarsi nella direzione giusta però, si incamminarono verso altri negozi, vagabondando e trascinando il piccolo che continuava a lamentarsi cercando invano la sua mamma.
Arrivati presso una piccola stazione ferroviaria ormai in disuso, decisero di entrarvi. Erano le 17.30, il sole stava ormai tramontando e avevano percorso in tutto quattro chilometri.
L’omicidio del piccolo James si consumò nella maniera più atroce: Jon e Robert lo colpirono alla testa con alcuni mattoni, sassi e infine con una sbarra di acciaio, alla fine rovesciarono sulla faccia del bambino la vernice blu trafugata quella stessa mattina.
I due ragazzi presero a calci il piccolo e indifeso corpicino di James. Thompson diede una pedata così violenta sul visino di James che l’impronta vi rimase stampata, tanto che fu ritrovata due giorni dopo dalle analisi forensi.
Le batterie elettriche, anch’esse rubate la mattina dal centro commerciale, furono ritrovate accanto al cadavere e venne stabilito che i due killer le avevano messe in bocca al piccolo, dopo avergli abbassato i pantaloni e aver maneggiato i suoi genitali.
Ma il diabolico ed allucinante piano dell’orrore non era ancora giunto al suo culmine.
Il corpicino di James fu trascinato e abbandonato sulle rotaie con la testa ricoperta di sassi, nella speranza che venisse investito da un treno in corsa, simulando un incidente. Così fu.
James venne ritrovato il 14 febbraio.
Ma da subito fu chiaro che non si era trattato di un incidente come i due bambini avevano sperato che risultasse.
Le indagini chiarirono presto la dinamica e, imprevedibilmente la stampa si accanì contro le trentotto persone che avevano visto Thompson e Venables trascinare il piccolo per la città, senza essere accorsi in suo aiuto. Furono definiti i “38 di Liverpool” e si parlò di un effetto spettatore (come accadde per il triste caso di Kitty Genovese molti anni prima).
Thompson e Venables si accusarono l’un l’altro dell’omicidio e, durante l’interrogatorio tennero comportamenti opposti : il primo rimase freddo, dicendo di aver cercato di salvare il piccolo dalle mani di Jon, descritto come uno psicolabile; il secondo scoppiò in un pianto isterico affermando che aveva sempre tenuto un atteggiamento passivo nei confronti di Thompson, che era la mente criminale del piano e che i suoi genitori gli avevano proibito più volte di frequentarlo.
I due minorenni furono giudicati con un processo da adulti e condannati ad una pena di dieci anni, successivamente ridotta a otto.
Nelle fasi del dibattimento emerse che il padre di Thompson aveva ripetutamente abusato di lui nel corso degli anni, mentre Venables, figlio di divorziati, aveva entrambi i genitori malati di depressione e aveva subito atti di bullismo a causa delle disabilità dei suoi due fratelli.
Non ammisero mai il movente di tanta crudeltà, anche se fu da subito possibile ipotizzare che la violenza sfociata nella morte di un innocente, potesse essere lo specchio del forte disagio familiare e sociale in cui vivevano entrambi. Ma non un’attenuante.
Durante tutto il processo furono definiti come “bambino A” (Thompson) e “bambino B” (Venables) per proteggere le loro identità.
Solo alla fine furono rese pubbliche le foto scattate dalla polizia al momento dell’arresto, che ritraevano due bambini impauriti e spaesati. Questo sconvolse ancora di più l’opinione pubblica, incredula che un tale efferato omicidio potesse essere stato compiuto da due bambini di dieci anni.
Nel 2001 vennero rilasciati e da allora vivono entrambi sotto nuove identità e con una “licenza a vita” che prevede l’incarcerazione immediata qualora si dimostrino ancora dei pericoli pubblici.
Jon Venables è stato incarcerato più volte nel corso degli anni per detenzione di materiale pedopornografico.
A conferma che il lupo perde il pelo ma non il vizio.
I loro visi d’angelo sono scomparsi dietro alle loro diaboliche azioni, così come la vita del piccolo James, strappato all’amore dei suoi cari creando un vuoto incolmabile nella famiglia e nella comunità.
Articolo di Flavia Magnelli
Fonti
Foto di copertina www.ilparanormale.com/serial-killer-e-delitti/i-due-baby-killer-di-bootle
Laureata alla facoltà di Lettere e Filosofia di Siena, da sempre appassionata di crimini attuali e cold case.