“Intervista alla criminologa Ursula Franco: è provato che Buoninconti non può aver occultato il corpo di Elena Ceste, quindi non ha ucciso”

Da 5 anni la criminologa Ursula Franco, che è stata consulente della difesa di Michele Buoninconti durante tutti e tre i gradi di giudizio, afferma che il vigile di Costigliole D’Asti è stato condannato a 30 anni di reclusione per un omicidio mai avvenuto. La dottoressa Franco ha da sempre sostenuto che Elena Ceste, durante una crisi psicotica, si è nascosta ai suoi immaginari persecutori nel letto del Rio Mersa ed è morta per assideramento.

Ursula Franco, dopo la sentenza della Corte Suprema, ha dichiarato: “Siamo di fronte ad un inaccettabile paradosso: la Cassazione ha confermato la condanna di uomo per un omicidio mai avvenuto. La verità su come sono andati i fatti e su come si è arrivati a queste tre assurde condanne è agli atti ed è immarcescibile”.

– Dottoressa Franco, nonostante le tre condanne e lo stigma che ne consegue, lei continua a difendere Michele Buoninconti.

“Il caso Ceste è un caso di una semplicità estrema che avrebbe dovuto chiudersi nel momento in cui vennero ritrovati i resti di Elena senza abiti, l’autopsia escluse una morte violenta e le analisi dei RIS esclusero che un cadavere fosse stato trasportato sulle auto dei Buoninconti. Ed invece Michele Buoninconti, unica vera vittima di questo orrore giudiziario, è stato il protagonista involontario di un processo mediatico che ha condotto ad una condanna a 30 anni, una condanna emessa contro ogni evidenza. Niente di ciò che hanno sostenuto l’accusa ed i giudici è sorretto dalle risultanze investigative e dalla logica. La sola lettura critica dell’Ordinanza di Applicazione di Misura Coercitiva datata 27 gennaio 2015 permette di riconoscere le illogità su cui si fonda il castello accusatorio”.

– Dottoressa Franco, perché afferma che questo caso avrebbe dovuto chiudersi nel momento in cui vennero ritrovati i resti di Elena senza abiti?

“Perché quel ritrovamento dava ragione allo psichiatra della procura che aveva diagnosticato alla Ceste un disturbo psicotico attraverso l’autopsia psicologica e a Buoninconti, che aveva raccontato di aver raccolto gli abiti di sua moglie in cortile. Ma, purtroppo, i carabinieri della stazione di Costigliole, poiché ignoravano che il denudamento fosse una tra le anomalie del comportamento che possono manifestarsi nei soggetti psicotici (DSM- 5), una volta trovati i resti della Ceste privi di abiti, invece di attribuire il giusto valore a quel ritrovamento, hanno ritenuto che fosse la prova di un omicidio e così Buoninconti si è trovato a dover rispondere di un omicidio mai avvenuto. Voglio sottolineare che, proprio riguardo alla crisi psicotica che aveva colpito la Ceste, nelle motivazioni della sentenza di primo grado, il giudice Amerio, per svalutare le conclusioni delle consulenze sia dell’accusa che della difesa in tema psichiatrico, ha affermato erroneamente che un disturbo di personalità non è un disturbo psicopatologico e che il “delirio ad intermittenza è privo di riscontro scientifico” mentre invece è provato che l’andamento di un disturbo delirante è variabile e quello che il giudice definisce “delirio ad intermittenza” è di comune riscontro nella pratica psichiatrica in specie nei soggetti psicotici non sottoposti a terapia farmacologica”.

– Eventuali indagini genetiche potrebbero aiutare a risolvere il caso?

“Elena Ceste non è stata uccisa, di chi dovremmo cercare il DNA? La verità sul caso è già agli atti. La soluzione del caso è nella mia consulenza dal 2015. Elena Ceste si è allontanata di casa in preda ad una crisi psicotica ed è morta per assideramento, non c’è spazio per soluzioni alternative, anzi, eventuali ricostruzioni fantastiche danneggerebbero il povero Buoninconti”.

– Si potrà mai riaprire questo procedimento?

“Una domanda da un milione di dollari. Quello che è certo è che Buoninconti non è stato sottoposto ad un giusto processo. Uno dei consulenti chiave della procura di Asti, il geometra Giuseppe Dezzani, ha dichiarato il falso sui suoi titoli di studio, sia nella consulenza redatta per la procura che durante una delle udienze del processo di primo grado a Michele Buoninconti, viziando così tutto il procedimento. In USA, vengono riaperti procedimenti anche quando è un giurato a mentire sul proprio conto, figuriamoci nel caso sia un consulente della procura peraltro i titoli rappresentano la garanzia delle competenze di un professionista”.

– Che può dirci delle motivazioni delle sentenze?

“Le motivazioni delle sentenze sono la riprova che è stato commesso un errore giudiziario. Nessuno, né la procura, né i giudici, è mai riuscito a ricostruire l’omicidio della Ceste in modo logico e in accordo con la casistica perché Elena Ceste non è stata uccisa. Le sembra logico che Buoninconti abbia premeditato l’omicidio e abbia poi gettato il cadavere a pochi metri da casa sapendo che le ricerche sarebbe partite da lì? E ancora, secondo l’improbabile ricostruzione della procura di Asti, il pover’uomo, prima di nascondere il cadavere della Ceste nel fosso, disse ai vicini che non trovava la moglie. Non le sembra illogico che un omicida allerti i vicini prima di aver occultato il cadavere della propria vittima, e soprattutto che, dopo averli allertati, ne occulti il corpo a pochi metri da casa? Peraltro, nessuno ha mai saputo giustificare il fatto che i RIS abbiano escluso che un cadavere fosse stato trasportato sulle auto dei Buoninconti”.

– Entriamo nel merito, è vero che una crisi matrimoniale aveva preceduto la scomparsa della Ceste e che Buoninconti, ben prima della notte del 23/24 gennaio 2014, era a conoscenza dei tradimenti di sua moglie?

“L’idea della crisi matrimoniale che avrebbe preceduto la scomparsa di Elena non è agli atti, è un’infondata inferenza della procura di Asti ed è infondato anche sostenere che Michele fosse venuto a conoscenza dei tradimenti della moglie prima della notte del 23/24 gennaio 2014, tra l’altro, quella notte Michele non credette al racconto di Elena perché riconobbe che la Ceste non era in sé”.

– Secondo la procura di Asti, i figli di Elena Ceste mentirono riguardo all’assenza di palesi episodi di conflitto tra i genitori e non mentirono invece nel riferire che la loro madre stava bene la mattina della scomparsa, che può dirci in merito?

“I figli di Elena e Michele non mentirono nei due casi, non assistettero mai a discussioni tra i genitori perché mai ci furono e non si accorsero del disagio psichico della loro madre perché la Ceste di quella mattina era affetta da un delirio lucido senza alterazioni dello stato di coscienza che, in ogni caso, nonostante la inducesse a dire cose senza senso, la faceva apparire “normale”.

– Perché la procura avrebbe dovuto credere a Michele?

“Perché sia dalle chat della Ceste che dai racconti dei suoi confidenti e familiari emerge senza ombra di dubbio che, già in autunno, le si erano affacciati alla sua mente alcuni pensieri ossessivi persecutori che ricalcano il delirio persecutorio manifestatosi alla fine di gennaio e perché Michele non poteva essersi inventato nel dettaglio la crisi psicotica di sua moglie. In specie, Buoninconti raccontò che la notte prima della scomparsa, la Ceste si era picchiata sulla testa tanto da farsi arrossare la fronte. Il picchiarsi sulla testa è una reazione di comune osservazione nei soggetti affetti dalle allucinazioni uditive, ma, non essendo un esperto, Michele Buoninconti non poteva saperlo. Michele lo raccontò perché Elena mise in atto quel comportamento. Proprio questo dettaglio prova che Buoninconti disse la verità su quella notte. Saper ascoltare testimoni, sospettati e indagati paga ma in Italia manca la cultura dell’interrogatorio e dell’analisi dello stesso”.

– Da cinque anni lei sostiene che alle 9.00 del 24 gennaio Buoninconti non poteva essere al Rio Mersa in quanto si trovava davanti a casa del vicino Aldo Rava, dirimpettaio della teste Marilena Ceste, e, pertanto, non avendo occultato il suo corpo, non può aver ucciso sua moglie.

“Certamente, se in procura ad Asti avessero incrociato i tabulati telefonici e le testimonianze dei vicini avrebbero potuto facilmente escludere che Michele potesse trovarsi al Rio Mersa intorno alle 9.00. Aldo Rava, il 6 febbraio 2014, un’epoca in cui non erano ancora noti agli inquirenti i tabulati telefonici relativi al caso, riferì agli inquirenti: “verso le 9.05 circa sentivo suonare il campanello di casa con insistenza e sentivo anche suonare il mio telefono di casa”. E’ chiaro che Rava riferì un orario approssimativo “verso le 9.05 circa”, un orario che però venne in seguito smentito dai tabulati che indicano che la telefonata alla quale si riferì il teste giunse a casa sua alle 8.57.28, un dato scientifico che sposta di alcuni minuti indietro la presenza di Buoninconti di fronte a casa Rava ed è confermato da ciò che riferì la teste Marilena Ceste, ovvero che Buoninconti si trovava davanti a casa sua intorno alle 9.00. E’ evidente quindi che, se Buoninconti alle 9.00 si trovava davanti a casa Rava, non poteva essere dove l’ha collocato l’accusa attraverso la consulenza del geometra Giuseppe Dezzani, ovvero prossimo al luogo del ritrovamento dei resti della Ceste. Va da sé che se Michele non ha occultato il corpo di Elena, nessun omicidio è stato commesso”.

Intervista di Paolo Mugnai

Fonti

Foto https://www.thesocialpost.it/2019/06/10/elena-ceste-carcere-parole-marito/


Ursula Franco è medico e criminologo, è allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis, si occupa soprattutto di morti accidentali e incidenti scambiati per omicidi e di errori giudiziari. È stata consulente dell’avvocato Giuseppe Marazzita, difensore di Michele Buoninconti; è consulente dell’avvocato Salvatore Verrillo, difensore di Daniel Ciocan; ha fornito una consulenza ai difensori di Stefano Binda dopo la condanna in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Lidia Macchi. Dall’ottobre 2019 è consulente dell’avvocato Giovanni Pellacchia, difensore di Paolo Foresta.